Il “Sentiero dei Castellani” - antico percorso medievale che si snoda per circa 2,5 km collegando la frazione Torre al “Castello della Pietra” - si raggiunge rapidamente a partire dal centro abitato di Vobbia.
Il cammino nel complesso è piuttosto agevole pur con tratti in salita e ampi passaggi quasi a strapiombo sul fondovalle, dove, molte decine di metri più sotto scorre il torrente Vobbia.
Sul lato monte appaiono nitidi i costoni che scendono verso il sentiero ora ricchi di vegetazione, ora più spogli e grigi per i conglomerati affioranti soprattutto nella parte terminale del percorso.
Il panorama, come le atmosfere, variano nettamente secondo la stagione. Spesso nei mesi autunnali le gole in cui scorre il torrente Vobbia appaiono immerse nella nebbia mentre intorno i boschi di castagno si tingono di giallo.
Più aspro in inverno, il paesaggio spoglio mostra tra il grigio dei tronchi e il bianco della neve il suo aspetto più autentico e selvaggio.
La primavera, annunciata dall’intenso profumo di erbe e fiori, esalta il contrasto tra i colori vivaci di boccioli e germogli e il grigio della puddinga. L’estate infine, segna il trionfo della vegetazione a tratti molto fitta, ricca di vita animale, di rumori, incantevole per la frescura.
Degno di nota comunque, ed in qualunque stagione è l’ultimo tratto del sentiero. Da qui il panorama e’ dominato dalla mole imponente e maestosa del Castello che si delinea netta contro il cielo. Raggiungerlo è piuttosto agevole grazie ad un pittoresco passaggio a strapiombo sulla valle protetto da una robusta ringhiera di ferro.
Percorrendo il sentiero nei diversi mesi dell’anno è possibile ammirare molti fiori rari che, per il loro particolare pregio, rientrano nella flora protetta (L.R. n° 9 del 30/1/1984). Particolarmente interessanti sono le numerose specie di orchidee.
Sono peraltro presenti il fior ragno e l’orchidea purpurea; le Liliaceae con l’eritronio, il pungitopo e la scilla a due foglie; le Amaryllidaceae con il bucaneve; le Ranuncolaceae con le aquilegie …
Nel bosco molte sono le tracce di vita animale da quelle dei piccoli mammiferi come il ghiro, l’arvicola, il tasso, la faina, la puzzola, la donnola, a quelle di animali più grandi come la volpe , il cinghiale e i daini. Certamente più numerosi sono però gli uccelli: dai rapaci (gufo, poiana, gheppio …) ai passeriformi (cinciallegra, cinciarella, capinera …).
Presenti anche i rettili (tra cui il biacco, il cervone, la natrìce) e gli anfibi (la salamandra pezzata, la salamandra dagli occhiali, la rana greca e la rana agile) più semplici da osservare data la loro diffusione.
Durante il percorso si possono osservare infine innumerevoli specie di farfalle di particolare interesse faunistico e biogeografico.

DOVE SI TROVA

Il “Sentiero dei Castellani” si trova nell’Alta Val Vobbia ed è percorribile a partire dalla località Torre, piccolo gruppo di case affrescate a motivi floreali e fantastici poco sopra l’abitato di Vobbia, fino al Castello della Pietra.
Il percorso si articola in 10 tappe “ragionate” che nell’insieme illustrano e sintetizzano le emergenze ambientali e tradizionali del territorio:
 1. Il Poggetto su cui con ogni probabilità sorgeva una torre di avvistamento al servizio del castello secondo il sistema delle poligonali;
 2. La forra - profonda gola con affioramenti di argilloscisti - e flora rupestre;
 3. La civiltà della castagna: ruderi di un secchereccio;
 4. La produzione del carbone di legna: “piazzola da carbone”;
 5. Panorama sul canyon della Val Vobbia;
 6. Calcari del monte Antola e conglomerati di Savignone;
 7. Il bosco;
 8. Belvedere sul castello;
 9. La zona umida;
10. Area di sosta attrezzata.

1. Il Poggetto

Piu’ tenace della pietra la tradizione orale ha lasciato anch’essa un ampio ventaglio di testimonianze, leggende e racconti incentrati sul castello ed i suoi abitanti. Le più antiche risalgono addirittura ad episodi databili intorno al XIII secolo. Raccontano di come, partendo dalla sua dimora, il Castellano ed il suo seguito, percorresse il sentiero che da lui prende il nome per raggiungere la località Poggetto sede dell’antica torre di avvistamento. Di qui scendeva verso la chiesa dove l’attendeva il sacerdote, per la benedizione rituale con l’incenso.
Fin qui la testimonianza che si arricchisce di elementi folklorici nel racconto di come, in occasione di una importante cerimonia, il sacerdote stanco del consueto rituale e dell’arroganza del castellano, lo aspergesse di tanto incenso, da soffocarne almeno la presunzione. Da quel giorno, infatti, il castellano dispensò il sacerdote dall’officiare la cerimonia dell’incensazione.

2. La Forra - profonda gola con affioramenti di argilloscistila flora rupestre

La flora di bosco e quella rupestre si alternano mirabilmente. Sono queste le due principali tipologie della vegetazione locale.
Non mancano nel novero della flora rupestre anche alcune piante aromatiche ed altre già note alla farmacopea popolare valligiana: dall’aromatica santoreggia, usata per insaporire carni e legumi, al timo, adoperato soprattutto nella preparazione di piatti tradizionali e di liquori ed amari d’erbe; dalla polmonaria, alla poligala, entrambe efficaci rimedi contro le affezioni respiratorie, per citare solo alcune tra le molte erbe medicinali che si possono osservare.

3. La civiltà della castagna: ruderi di un secchereccio

Lungo il sentiero che conduce al Castello, è ancora visibile il rudere di un secchereccio. Queste costruzioni erano i luoghi deputati al trattamento della principale risorsa alimentare dell’entroterra, la castagna.
Originariamente il secchereccio si trovava nella stessa abitazione del contadino. Solo in seguito fu adibito a questa funzione un locale apposito che divenne così una costruzione a se stante denominata in dialetto abergu.
Nel secchereccio il fuoco doveva essere continuo, il fumo usciva dalle fessure del tetto e da alcune finestrelle senza imposte né vetri. Tali costruzioni si trovano abitualmente nei pressi dei castagneti da frutto per maggiore comodità e sicurezza.
Gli essiccatoi dunque erano localizzabili per lo più a ridosso della montagna in modo da agevolare la disposizione delle castagne sulla “grè”.
Strutturalmente i seccherecci erano costruiti in muratura con pietre a vista, avevano i tetti coperti di paglia e un locale per il focolare al piano terra.
Sul lato che dava sulla valle veniva di norma costruita una scaletta a pioli o di pietra che – unica struttura esterna - consentiva al contadino di accedere all’essiccatoio.

4. La produzione del carbone di legna: “piazzola da carbone”

Lungo il sentiero è possibile riscontrare tracce della produzione del carbone di legna, risorsa economica fondamentale per la civiltà contadina. Per prepararlo era necessario spianare il terreno, si otteneva così una piazzola circolare larga 6-7 metri di diametro, su cui veniva costruito - con legni piccoli - un “castelletto” alto due metri di forma quadrata o piramidale.
Tutto intorno si cominciava ad accatastare uno strato di legna forte (faggio, carpino, rovere, cerro) lunga almeno un metro, fino ad arrivare alla sommità del castelletto. Una volta ricoperto di terra, vi si accendeva il fuoco che doveva rimanere costante per due o tre giorni in modo che fosse solo il fumo a carbonizzare lentamente la legna. Il tiraggio era assicurato da diverse aperture praticate nella copertura di terra. Il carbone di legna si formava poco per volta, a cominciare dall’alto ed era pronto in una settimana. In occasione della predisposizione di una carbonaia i contadini, costretti a rimanere sul posto per tutto il tempo occorrente, si costruivano una piccola capanna, dove poter riposare a turno.

5. Panorama sul canyon della Val Vobbia

L’area è stata oggetto di numerose modificazioni dell’assetto oro-idrografico, modificazioni che hanno generato morfostrutture in grado di portare come conseguenza all’inversione del flusso delle acque del torrente.
Un’importante anomalia morfologica si può riscontrare osservando il bacino del torrente Vobbia. Questo si sviluppa in un’ampia forma a ventaglio nell’alto corso, mentre a valle dell’abitato di Vobbia percorre uno stretto canyon dalle pareti scoscese scavato nei duri conglomerati, fino a località Vobbietta.
Se lo sviluppo del bacino idrografico del torrente dovesse farsi risalire a normali processi erosivi il corso d’acqua avrebbe ricavato la propria sede verso nord. Fenomeni tettonici recenti al contrario hanno generato, per faglia o per frattura, una zona di minor resistenza nei conglomerati ovvero un dislivello più accentuato verso nord - ovest con richiamo obbligato delle acque in quella direzione. Questa gola lunga alcuni km e’ appunto una delle maggiori attrattive della zona: sulla sponda destra del canyon sorge l’antico castello della Pietra.

6. Calcari del monte Antola e conglomerati di Savignone

Il “Sentiero dei Castellani” si snoda su formazioni geologiche diverse definibili come “calcari del monte Antola” e “conglomerati di Savignone” e lungo il percorso è ben visibile in tutta la sua suggestiva bellezza il punto in cui queste due formazioni vengono a contatto.
I conglomerati sono essenzialmente costituiti da clasti (termine tecnico che indica i frammenti che costituiscono le rocce sedimentarie). Il calcare del monte Antola invece, è formato da carbonato di calcio misto ad argille ed ha un tipico colore grigio chiaro.
I conglomerati giacciono sopra lo strato di calcari dell’Antola in quanto rocce di più recente formazione ma sono stati ormai quasi del tutto erosi.
In Liguria sono estremamente rari, si trovano solo in alcune località quali per esempio la Valle Scrivia e sul promontorio di Portofino.
Per la particolare morfologia che assumono in questo luogo sono stati usati come supporto al Castello della Pietra. Il Castello infatti sorge tra due svettanti guglie di conglomerato dell’era oligocenica risalente a circa 35 milioni di anni fa. Il corpo centrale del Castello invece è stato costruito con pietre appartenenti al secondo tipo di formazione ovvero alle calcari del monte Antola.
Per le caratteristiche di relativa compattezza e resistenza insieme alla loro grande diffusione sul territorio ligure, i calcari dell’Antola sono la roccia usata tradizionalmente nella nostra regione come pietra da costruzione.

7. Il bosco

Il bosco era la principale risorsa delle popolazioni locali. Vi si alternano diverse varietà di alberi tra cui: castagni, noccioli, aceri, carpini e querce, insieme ad arbusti come prugnoli e biancospini. Anticamente il bosco era formato prevalentemente da querce, a poco a poco sostituite dal castagno, risorsa alimentare indispensabile per l’essenziale economia dell’Appennino ligure.
Nei boschi che circondano il sentiero non è difficile ritrovare ancora oggi i castagni “da frutto” un tempo innestati, insieme alle ceppaie dei “selvatici” usati solamente per la produzione del legname.

8. Il Castello della Pietra

La prima notizia documentata riguardante il Castello della Pietra risale ad un contratto datato 2 giugno 1234 nel quale Opizzone della Pietra, signore del Castello omonimo, rinunciava ai propri diritti sulla grangia di Magioncalda.
Alla morte di Opizzone della Pietra, il figlio Guglielmo ereditò la signoria ed il castello, ma dopo di lui per motivi che restano ancora avvolti nel mistero, il tutto passò agli Spinola in gestione giurisdizionale.
Sotto la signoria spinolina il castello e le sue terre rimasero a lungo fino a quando nel 1518 Tolomeo Spinola lasciò questi possedimenti alla famiglia Adorno, cui rimase fino alle guerre napoleoniche quando, durante la signoria di Luigi Botta Adorno il castello fu dato alle fiamme dalle soldatesche francesi.
Rimasto poco più di un rudere il castello passò dalla famiglia Adorno a quella dei Cusani che nel 1919 lo vendettero all’allora Sindaco del Comune di Vobbia Giovanni Battista Beroldo.
Degrado e abbandono segnarono per lunghi anni la sorte del maniero fino alla sua rivalutazione ad opera del Centro Studi storici per l’Alta Valle Scrivia che ha inizio con la campagna di scavi degli anni ’70.
Le ceramiche e gli utensili rinvenuti, sono oggi visibili presso il civico museo archeologico del Comune di Savignone.
La svolta però avviene negli anni 90 quando il massiccio intervento finanziario della Provincia di Genova, a cui il castello era stato donato dalla famiglia Beroldo, consente il completo ed ardito restauro dell’intero complesso aperto al pubblico ufficialmente nel 1994.

9. La zona umida

Proseguendo il percorso autoguidato diventa sempre più evidente il continuo mutare del paesaggio, siamo partiti da aridi e scoscesi affioramenti rocciosi per arrivare ad un ambiente particolarmente umido ed ombroso. Un ponticello di legno attraversa un piccolo ruscello le cui sponde sono coperte in primavera da una bianca coltre di bucaneve, mentre i declivi boschivi che ci circondano sono ornati da varie specie di felci, dalle più piccole come la cosiddetta ruta di muro e l’asplenio tricomane, a quelle di maggiori dimensioni, quali ad esempio il polipolio - anche nota come liquirizia di legno per il caratteristico sapore del suo rizoma e la lingua cervina - per citarne solo alcune tra le più note …

SCHEDA TECNICA

Segnavia FIE: Ì
Grado di difficoltà: nessuna
Lunghezza complessiva: 3,5 km,
Tempo di percorrenza: circa 2 ore
Presenza di Area attrezzata per la sosta
Le principali cime che fanno da cornice al percorso sono: il Monte Cravì (992 m.), le Rocche del Reo Passo (957 m.) ma il sentiero a tratti a strapiombo sul canyon del torrente Vobbia, si offre in tutta la sua spettacolare spesso aspra bellezza fatta di roccia, verde e ombra.

QUANDO VISITARLO

Grazie alla sua conformazione, questo sentiero unisce al fascino di un percorso naturalistico di prim’ordine la fruibilità in qualsiasi periodo dell’anno.
In primavera e in particolare in autunno però, le combinazioni cromatiche delle chiome degli alberi e del sottobosco creano una policromia di toni caldi e vivi stemperati a volte da una nebbiolina leggera, a volte accesi da una luce tagliente, che ne esalta tutta la nascosta bellezza.

COME RAGGIUNGERE IL SENTIERO

AUTOSTRADE:

Venendo da Genova; dall’uscita del casello autostradale (A7) di Busalla si imbocca la strada provinciale per Crocefieschi proseguendo in direzione Vobbia; da qui passato il ponte sul Torrente Fabio prima e sul Vobbia poi si giunge in breve alla località Torre punto di partenza del sentiero ;
Venendo da Milano, dall’uscita del casello autostradale (A7) di Vignole Borbera/Arquata Scrivia si imbocca la strada provinciale per Cabella Ligure - Mongiardino in direzione Vobbia fino a raggiungere la località Torre;
In alternativa per chi viene da nord uscita autostradale (a7) consigliata è quella di Isola del Cantone. Da qui si segue la strada provinciale per Vobbia. Arrivati in prossimità del Castello della Pietra, si imbocca il sentiero che conduce fino alla località Torre secondo l’antico percorso dei Castellani.

FERROVIE:

Raggiungendo la stazione di Busalla sulla linea Genova Torino si ha la coincidenza con il servizio extraurbano dell’AMT che salendo da Busalla a Crocefieschi arriva fino all’abitato di Vobbia da dove si raggiunge la località Torre, punto di partenza del sentiero.