Adagiate da Ovest a Est sul pendio ai piedi del Castello, proprio al termine della strada che ne discende, sono due edifici paralleli terminanti verso lo Scrivia, con due avancorpi speculari che hanno dato il settecentesco nome al complesso. Sono state infatti terminate dall’agente camerale don Pasquale Valenti nel 1773 [6] e un disegno del contemporaneo cartografo Matteo Vinzoni ce le mostra.
Più esattamente, sotto l’amministrazione del Valenti, è stato costruito il corpo a sud, perché, nella tavola dell’Atlante B del not. G.B. Massarotti del 1648 compare già quello a nord. In esso, nella parte verso monte, è conservata, quasi integra, una stalla con soffitto a vele rette da due colonne, tutta in mattoni che l’analisi mensiocronologica ha datato al 1380.
Questo locale si è conservato, perché ha ospitato fino al XVIII s. i cavalli del Feudo e poi, quelli delle Poste sabaude dalla loro istituzione. È sormontato da un locale identico, ma in pietra che la tradizione orale vuole posto di guardia.
Che il complesso sia stato costruito in diversi periodi lo conferma una descrizione nel libro delle rendite dei marchesi Raggi, eredi degli Spinola signori del feudo per circa seicento anni:
“Torrette, varie piccole case tutte unite poste sulla piazza di Ronco ….. in locazione a diversi che non pagano, però potrebbero rendere circa £ 93 ... “.
Ai tempi dei feudatari servivano anche per conservare derrate alimentari ( trogli da olio, granai) , hanno ospitato il forno, la forgia e anche le prigioni.
Ben prima della chiesa parrocchiale, la torre dell’ala nord aveva un orologio, tolto, perché rovinato, negli anni ’20 dell’Ottocento quando l’interno è stato spezzettato in stanzette affittate ai postiglioni e ai maestri di posta.
Sempre alla stessa epoca, tra le due torri è stato costruito un grande “baraccone” per ospitare carri e muli la cui unica traccia è, oggi, un disegno di Clemente Rovere.
Nel 1868, sono state vendute dalla moglie del marchese Giacomino Raggi, interdetto per debiti.
Passate a privati sono state divise in appartamenti.
UNA CISTERNA NELLE TORRETTE
Nel suo ultimo libro (Per una storia del Comune di Isola del Cantone – Grafiche G7 ) ricchissimo e interessante, Sergio Pedemonte tratta lungamente un argomento che studia da anni: le antiche cisterne.
La foto di una cisterna medievale in una casa (Tassistro - Iannucci) a Isola del Cantone, mi ha fatto ricordare che, interrato sotto la parte “nuova” della Torretta nord c’è un locale di difficile accesso, quindi praticamente dimenticato, identico alla cisterna fotografata nel libro.
Il dott. Pedemonte, immediatamente accorso per un sopraluogo, ha confermato l’ipotesi di cisterna.
Non molto grande, ben conservata, con la volta in mattoni e i muri di grosse piere, ha il foro di riempimento inclinato dall’esterno verso l’interno, ben sagomato dai mattoni, al limite della volta subito sopra il muro della parete verso monte in modo, da raccogliere anche l’acqua che durante i forti acquazzoni scende dalla collina.
Nella parete di fronte, quasi allo stesso livello, ma appena sotto la volta, sul muro di pietra, vi è il troppopieno e questa parete conserva una maggiore intonacatura rispetto alle altre.
La volta e tre pareti sono costruite magistralmente e le pietre, anche se molto grosse, sono ben squadrate e allineate a formare un muro diritto e compatto, mentre la quarta a nord, ossia verso il corpo della Torretta è estremamente irregolare e, certo non impedirebbe la fuoruscita dell’acqua, cosa che, in ogni modo avverrebbe dato che vi è stata aperta una porta.
Per orientarsi e capire meglio, bisogna ricordare quel poco di storia che conosco di quella parte della casa.
Al momento il manufatto è appena sotto il livello del suolo e su di esso poggia una stanza. È perpendicolare al corpo principale che si adagia sul pendio della colina da ovest a est, ma completamente aggettante verso ovest, nei terreni detti “ Campenasso” dall’ antico nome “Campo di Benasso”.
Da una memoria di mio nonno, ho appreso che su quel terreno lungo il sentiero, c’era una “cassina coperta di tegole ad uso ricovero fogliaccio”, fatta demolire dal bisnonno per innalzarvi quattro stanze lasciando l’ingresso dell’antico cascinotto. E, sempre il bisnonno, aveva fatto costruire al di là del sentiero, un muro che oltre a contenere il terreno, impedisse alle acque di precipitare contro la parete della sua nuova costruzione.
Non parla né di cisterna, né di cantina. Però in famiglia si sapeva di questo locale, creduto una cantina e usato solo per deporvi materiale avanzato in qualche lavoro di edilizia e da cui si dipartono dei cunicoli considerati intercapedini.
Sia la cantina, nella quale, a dire il vero ero scesa ben poche volte, che le intercapedini, mi hanno sempre suscitato degli interrogativi. Primo, la strana posizione di quello che credevo essere il finestrino di areazione rivolto verso l’alto a ricevere l’acqua piovana. Pensando ad un errore di costruzione l’avevo fatto ricoprire con una lamiera in modo da limitare l’ingresso dell’acqua che, comunque, rischia sempre di penetrare essendo l’apertura quasi a filo del sentiero. Poi, il dedalo di intercapedini addirittura sovrapposte. Non vedevo la necessità di tanti cunicoli per arieggiare l’edificio.
Non vorrei ora, facendo delle supposizioni, ripetere gli errori precedenti, ma direi che è abbastanza chiaro che il cunicolo molto ben squadrato che si trova di fronte all’attuale porta conduceva l’acqua alla scuderia.
Meno chiara è la funzione di un altro cunicolo sopra il precedente che termina nella parete della casa a livello del primo piano. Forse serviva, con un sistema di saracinesche, a portare l’acqua per uso domestico? O per averla più comoda in caso di incendio?
Nell’archivio Salvago Raggi, nei libri di conti relativi agli anni ’20 dell’Ottocento, ho, fin’ora trovato solo due piccole note che potrebbero riferirsi ai luoghi.
Nel 1824 nel “Conto spese e giornate fatte per il ristoro delle Torrette in Ronco” è segnato “ l’accomodo dell’acquedotto in d.ta Torretta”. (n° 72, inv. 582) e nel ’27, “costruzione di una cassina nelle Torrette”. Ma facevano riferimento proprio a questi?
Purtroppo, chi annotava le spese per i marchesi padroni, sapeva che conoscevano esattamente i luoghi e i lavori che dovevano essere eseguiti. Noi fatichiamo invece a raccapezzarci e a ricostruire gli avvenimenti.
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